L’infiammazione è un processo vitale per la sopravvivenza dell’organismo: protegge il corpo da ogni pericolo, sia esso una tossina, una cellula morente, un tessuto danneggiato o una proliferazione batterica incontrollata. Senza l’infiammazione e i processi ad essa collegati l’organismo non potrebbe riparare una ferita né proteggersi dalle tossine derivanti dall’ambiente esterno (cibo, inquinamento, farmaci ecc.) o dai microbi (Kumar 2010). Essa è regolata dal sistema immunitario con una così detta “risposta umorale naturale” (leucociti, macrofagi) ed una “risposta acquisita” (anticorpi, linfociti B, T-helper e T-citotossici).

Come una reazione allo stress, l’infiammazione ideale è acuta, di breve durata (meno di 3-6 settimane) ed è caratterizzata da stimoli temporanei (ferite, infezioni, avvelenamenti ecc.) e da una buona reattività del sistema immunitario, innato ed adattativo. Al contrario, un’infiammazione cronica indotta da stimoli continui (infezioni stabili o ricorrenti, “stressor” psicofisici ripetuti, cibo di scarsa qualità ecc.) è controproducente per la salute dell’organismo, protraendo la risposta del sistema immunitario e rendendola eccessiva, questa risposta può tramutarsi nelle così dette malattie autoimmuni (morbo di Crohn, sclerosi multipla, asma, dermatiti, LES ecc.)

Comprendere la reale differenza fra acuto e cronico è vitale, in quanto spesso si ritiene che un “forte evento oggi avrà un effetto ben evidente domani”, mentre un “evento debole non può provocare nulla di che, figurarsi avere effetti fra una settimana, un mese o fra un anno”.

Ma la natura funziona secondo le leggi del caos, e anche una piccola modifica o un leggero evento continuo possono avere effetti inimmaginabili! Ad esempio: una forte onda non fa pressoché nulla a una roccia, ma una singola goccia che batte sullo stesso punto prima o poi corroderà e bucherà persino il granito.

Sono cinque i segni che caratterizzano l’infiammazione. Questi furono definiti dagli egizi nel 3000 a.c. e completati da Virchow nel XIX secolo: rubor (rossore), calor (aumento di temperatura), tumor (gonfiore), dolor, e functio laesa (alterazione o perdita funzionale).

Se pensiamo a una caduta in cui battiamo il ginocchio, vengono subito alla mente tutti i cinque fattori: il ginocchio si arrossa, si gonfia di acqua e/o sangue, è caldo al tatto ma anche molto dolorante e ci impedisce di camminare o correre. La risposta dell’organismo è quella di aumentare l’afflusso di sangue, i capillari divenendo più permeabili in modo da riempire il tessuto d’acqua e proteine utili alla sua riparazione per la ripresa della funzionalità, mentre i leucociti si attivano per evitare eventuali intrusioni di tossine.

Tutto ciò può risolversi con il dovuto riposo, riprendendo più o meno totalmente la funzionalità, in assenza di esso, magari facendo continuare gli eventi stressor, questo processo rimane sempre attivo stimolando una risposta più grande, che porta a sua volta ad una risposta continua, la quale modifica l’anatomia del ginocchio: in particolare la secrezione di collagene che,sostituendosi al tessuto epiteliale, muscolare o nervoso provocherà fibrosi. In poche parole, si forma una cicatrice che impedisce il corretto funzionamento della parte lesa: in questo caso i menischi ed i legamenti crociati si induriscono, diminuendo la capacita di muovere il ginocchio. Per questo motivo una terapia manuale che favorisca la mobilità e riduca l’infiammazione è fondamentale. Una situazione analoga può accadere sul ginocchio così come sui visceri compromettendo la mobilità viscerale.

Tuttavia, ed è questo l’aspetto più importante, l’infiammazione cronica non necessita di un evento acuto originario: essa può nascere dalla ripetizione di un lieve stimolo infiammatorio, basta che sia continuativo, che si protragga giorno dopo giorno, esattamente come la goccia d’acqua. Essa può derivare sia dai molteplici stressor giornalieri sia da fattori ambientali, quali cibo di scarsa qualità o alto indice calorico/glicemico, eccesso di calorie, sedentarietà, posture e movimenti scorretti, sforzi in apnea, disbiosi, inquinamento ecc. È questa infiammazione che, tramite citochine, cortisolo, insulina, fenomeni di resistenza ormonale altera la regolazione allostatica dell’organismo favorendo l’insorgere delle “malattie  moderne” e accelerando l’invecchiamento. È proprio questo tipo di infiammazione la più difficile da evidenziare, perché spesso non coinvolge modifiche strutturali, bensì si manifesta come un’alterazione funzionale, il che comporta una difficoltà diagnostica, in quanto buona parte degli esami svolti mira a cercare alterazioni strutturali. La conseguenza? Una volta che si avvertono i sintomi, l’infiammazione è già in corso da molto tempo. Per questo motivo è importante prendersi cura di sé e avere una visione il quanto più completa del network dell’organismo.

La PNEI e il sistema miofasciale: la struttura che connette – Chiera, Barsotti, Lanaro, Bottaccioli | 2017

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