Italus

Hai mai abbracciato un albero? Ti propongo di farlo, senza aspettative, così giusto per farlo.

Durante un viaggio la guida mi spiegava che quel tale albero era considerato sacro e che nella loro cultura rappresentava il legame tra il cielo e la terra, allora mi son detto chissà se abbracciandolo riesco anche io a sentire questa connessione, cosí ho iniziato a farlo altre volte, non ti nego con un pò di imbarazzo. Subito sotto la vetta del Monte Pollino, c’è un grande albero, tutti lo chiamano Il Patriarca, in mezzo al bosco svetta questo pino loricato grande, sproporzionatamente grande rispetto ai suoi vicini, per me è diventato un santuario; passare ad abbracciarlo mi mette pace, certo, non è solo quello.

In genere si passa prima dalla dolina di Pollino e, ti giuro, nel caso dovessi passare di lì all’alba, mancherebbe il respiro anche a te. Oggi, però, volevo parlarti di Italus. È un albero vecchio, ma assai vecchio, pare abbia più di1200 anni. Lo osservo da qualche anno, ogni tanto vado a trovarlo, è anche lui un pino loricato ma, a differenza del patriarca, non l’ho mai abbracciato, cerco di osservarlo da più prospettive, sempre a debita distanza. Durante la mia ultima escursione è spuntato dal nulla e vederlo tra la neve, nel pieno di una crisi di fame, mi ha rasserenato, come se fosse stato lui ad abbracciare me. Mi sono seduto ad osservarlo, ho mangiato e, con la mente leggera, sono ripartito. In osteopatia, quando si prova a spiegare la forza riequilibrante che permette al corpo di ripristinare lo stato di salute, si utilizza la metafora dell’acqua che riesce a permeare in ogni angolo di spugna, altrimenti vuota.

Ecco credo che in questi luoghi accada questo, la fatica a volte ti svuota, ma subito dopo qualcosa accade.

Pensieri sparsi

  • Primo pensiero.

Ricordo una lezione di storia dell’arte nella quale il professore ci spiegò che l’obiettivo dell’architetto della basilica di San Pietro a Roma era quello di evocare meraviglia appena il pellegrino entrato in piazza, dopo aver percorso i vicoli di Borgo Pio, l’avesse vista. 

Domenica camminavo nei sentieri della Fagosa, una faggeta fitta, diretto ai piani di Acquafredda. Il sentiero non ha grosse asperità, solo alla fine c’è una salita ripida. Arrivato in cima avevo il fiatone, ma la vista della Serra Dolcedorme a sinistra e di Serra delle Ciavole a destra mi ha incantato, avevo occhi di felicità e gioia, percepivo una vibrazione che gradualmente penetrava in tutto il corpo.

  • Secondo pensiero.

Uno dei meccanismi con cui il nostro cervello memorizza i ricordi è associare un’immagine, cioè il profumo di un fiore sarà associato all’immagine dello stesso, il rumore della buccia di una clementina, le mani sporche del suo olio essenziale, il suo odore, ci riporta magari ad una tavola sparecchiata dopo il pranzo di natale,  il sapore di un bacio sarà associato al luogo dove l’abbiamo ricevuto e così via.

  • Ragionamento.

Io domenica nel vedere quelle montagne ho rivissuto tanti ricordi legati alla meraviglia dell’arrivo ma alla fatica del percorso, ma anche tante immagini di questo anno che volge al termine.

Durante questo percorso una parola mi si è fissata nella mente: PAZIENZA.

  • Conclusioni.

Per ottenere un grande risultato serve pazienza, per completare un percorso serve pazienza, per equilibrare le forze che regolano la vita serve pazienza.

Credo sia per me il migliore augurio per chi in questo momento è in cammino, al termine potremo avere di nuovo bisogno di riempire gli occhi di bellezza